venerdì 31 luglio 2015

Lesioni o Fratture del becco negli PSITTACIDI *1


Il becco degli uccelli è una struttura complessa , in continua crescita ed evoluzione, costituita da tessuto osseo, vascolare, derma, tessuto generativo, cheratina. In particolare la formazione cornea che lo ricopre e protegge dagli insulti esterni denominata ranfoteca (in particolare rinoteca la parte superiore o mascellare e gnatoteca quella inferiore o mandibolare) conformata in modo differente nelle varie specie di uccelli in funzione della diversa alimentazione e modo di vivere è la parte sicuramente più esposta ai traumi e alle lesioni.
In questo breve articolo tratteremo solo le lesioni traumatiche e le conseguenti fratture o infrazioni del becco, vengono trascurate tutte le altre lesioni di origine infettiva (esempio circovirus), micotica, infestiva (esempio roga cnemidocoptica), neoplastica, degenerativa (eccessiva crescita della componente cornea), congenita (malformazioni).

Le fratture del becco sono eventi traumatici che si verificano con una certa frequenza. Solitamente avvengono per due ragioni principali:

1- traumatismi indotti da collisione o impatto (incapacità al volo con conseguenti cadute del soggetto al suolo, collisioni contro vetrate o muri nel tentativo di guadagnasi un via di fuga, fratture o lesioni da detenzione in gabbia non idonea)

2- lotte o aggressioni intra o interspecifiche (lesioni indotte dal compagno di gabbia-voliera, abbastanza tipico nei Cacatua oppure da predatori selvatici o domestici)

Nel primo caso in genere le parti coinvolte sono la punta del becco o porzioni ridotte della ranfoteca superiore e la prognosi in genere è abbastanza favorevole. In genere si genera una frattura parziale o una avulsione *2della parte finale (punta) del becco, lesioni non gravi che però causano un copioso sanguinamento se viene coinvolta la sottostante componente ossea e vascolare *3,difficoltà e dolore alla prensione dell’alimento. In tale caso è bene avvolgere il pappagallo in una salvietta, lasciandone fuoriuscire solo la testa e comprimere la zona fratturata e sanguinante con una matita emostatica per uso domestico o meglio ancora con una matita di argento nitrato (indossando i guanti e facendo attenzione a non toccare tessuti molli quali la lingua del soggetto!)
In seguito si dovrà provvedere a fornire cibo morbido e facile da ingerire per qualche giorno (o addirittura procedere con l’alimentazione forzata con pappe per pappagalli tipo imbecco dei nidiacei), e controllare le infezioni secondarie che possono ritardare la guarigione o addirittura causare lesioni secondarie quali gravi infezioni della matrice ossea (osteomieliti) o deformazioni permanenti del becco. Sarebbe dunque buona norma portare il soggetto per una visita veterinaria anche se la lesione all’apparenza sembra essere di minima entità (è sempre meglio farlo visitare!).
Nel secondo caso le lesioni sono in genere molto profonde ed invalidanti e quindi è indispensabile portare il pappagallo più rapidamente possibile da un veterinario competente.
Come primo soccorso è possibile detergere e tamponare la ferita-frattura con garze sterili bagnate con soluzione salina sterile ed evitare di utilizzare disinfettanti uso domestico su base alcolica che possono essere estremamente irritanti ed istolesivi, tenere tamponata la parte sanguinante in modo da bloccare l’emorragia, controllare che le vie respiratorie siamo pervie (grumi di sangue o sporcizia non devono occludere le narici o finire in trachea, ma non mettere mai un dito in bocca al pappagallo!) e tranquillizzare per quanto possibile il soggetto magari trasportandolo in una gabbia oscurata.
Il veterinario provvederà ad esaminare la gravità della ferita o della frattura e interverrà nel modo che riterrà più adeguato al singolo caso disinfettando con prodotti adeguati e con cura la ferita, somministrando farmaci per controllare lo stato di shock e antibiotici ed in seguito ove indicato ad intervenire chirurgicamente.

*1 Ogni specie ha le sue caratteristiche in base alla forma in funzione della modalità di alimentazione e soprattutto alla adattabilità di specie a lesioni menomanti: ho visto pappagalli con avulsione completa del rostro continuare a vivere diciamo decentemente, mentre lesioni anche più ridotte in un rapace o un acquatico-limicolo quale una spatola o un cavaliere d‘Italia morire in breve tempo!
*2 riportiamo prima la lesione minore.
*3 se si spacca solo la parte cornea non succede niente, anzi, a volte il proprietario non se ne accorge neanche! 



Nota: Scritto da Elena Ghelfi DVM in Milan

martedì 28 luglio 2015

Vomito e Rigurgito negli ofidi


Spesso chi cura animali esotici come rettili riceve telefonate di consulto da proprietari di ofidi che hanno vomitato o rigurgitato dopo aver mangiato. Non bisogna mai sottovalutare sintomi apparentemente banali ed approfondire la causa attraverso una visita di controllo.

Prima di approfondire l’argomento del vomito e/o rigurgito bisogna essere in grado di definire il vomito ed il rigurgito e saper diagnosticare esattamente il processo, anche se può accadere, in alcuni casi, che prima avvenga il rigurgito e poi il vomito.

Vomito: il vomito è l’espulsione del contenuto gastrico attraverso la bocca per contrazione della muscolatura. Solitamente il contenuto gastrico non viene evacuato subito dopo il pasto e come tale è gia parzialmente digerito.

Rigurgito: il rigurgito è l’emissione dalla bocca di cibi non digeriti, provenienti dalla faringe o dall’esofago. 
I serpenti, ha differenza della maggior parte degli animali, non masticano la preda, ma la ingoiano integralmente.
Questo processo è facilitato dalle ghiandole salivari che lubrificano la preda, dall’articolazione mandibolare che si espande notevolmente (non si stacca), dall’esofago molto dilatabile e da movimenti muscolari assiali che aiutano la preda a raggiungere lo stomaco che è altrettanto estensibile e muscolare.
Nello stomaco inizia il processo digestivo. Lo sfintere cardiaco dello stomaco non è ben sviluppato come nei mammiferi e negli altri animali e può facilitare il vomito.

Il rigurgito ed il vomito possono avere svariati motivi: da habitat non idonei che possono creare stress a un rallentamento del processo digestivo, a malattie infestive ed infettive.

Rigurgito e vomito per motivi non infettivi e infestivi: gli ofidi possono rigurgitare o vomitare molto facilmente e non sempre il sintomo indica una patologia ben precisa in corso.
Spesso il rigurgito ed il vomito sono causati dal padrone dell’animale stesso semplicemente per un errore di gestione.
Un serpente tenuto a temperature non idonee come per esempio troppo freddo, che causa un arresto o rallentamento dei processi metabolici come anche digestivi, o troppo caldo, che crea una situazione di stress, può espellere la preda appena mangiata.
Una somministrazione di un pasto inadeguato (ad esempio una preda troppo fredda o parzialmente congelata oppure una preda troppo calda scongelata nel forno a microonde, che esternamente sembra avere una temperatura idonea ma al centro la temperatura può essere molto elevata e causare grave ustioni al tratto alimentare), prede troppo grandi oppure una sovra alimentazione possono causare il vomito anche a distanza di diversi giorni.
Anche una preda avariata o infetto può essere causa di vomito e rigurgito. Se gli ofidi in cura sono catturati in natura e non riprodotti in cattività possono essere facilmente soggetti allo stress che porta, per un meccanismo di protezione, al vomito (la preda viene eliminata per poter fuggire più rapidamente e più facilmente).
Anche soggetti che sono stati nutriti da poco tempo e vengono maneggiati, per esempio per una visita di controllo, possono vomitare.
Anche questo fattore è probabilmente dovuto ad un situazione di stress.

Le cause precedentemente elencate non hanno bisogno di cure mediche, ma semplicemente di un consiglio al proprietario per diminuire le situazioni che causano il vomito o il rigurgito.
Altre cause non infestive ed infettive del vomito e rigurgito degli ofidi, che però hanno bisogno di un intervento, spesso anche tempestivo, da parte del medico curante, sono ostruzioni o sub-ostruzioni del tratto digestivo.
L’ostruzione può essere nel lume, dovuta a corpi estranei ingeriti accidentalmente durante il pasto come: corteccia, sassi e sabbia oppure corpi estranei sviluppatisi nel tratto digerente come pilobezoari o uroliti che però più facilmente causano anoressia.
Altre cause del blocco nel tubo gastro-intestinale possono essere granulomi e neoplasie del tratto digerente che possono portare a stenosi e causare il vomito. Lo stenosi può essere causata anche da compressione che occlude il lume gastro-intestinale dal esterno. Questo compressione può essere causata da uova, ascessi, granulomi e neoplasie dei tessuti adiacenti.
Il rigurgito può essere causato da traumi subiti da parte di corpi estranei all’esofago o allo stomaco, come sonde per l’alimentazione forzata o da parte di corpi estranei taglienti ingeriti accidentalmente.
Anche la dieta impropria può causare dei danni al primo tratto digerente soprattutto se l’animale viene imboccato bisogna fare attenzione ai denti, becco, unghie, ossa sporgenti ecc. Una cicatrice a livello dell’esofago può causare una stenosi e facilitare un rigurgito se l’animale viene nutrito con predi grandi.

Animali abbattuti o molto disidratati possono avere difficoltà nell’ingerire prede e svolgere un normale processo digestivo con conseguente rigurgito o vomito.
Intossicazione da farmaci, detersivi e addirittura certi tipi di rane e rospi (usati come pasto per alcuni serpenti) possono indurre ad un’intossicazione o irritazione delle mucose e successivamente a vomito o rigurgito.

Rigurgito e vomito per cause parassitarie: svariate infestazioni parassitarie possono portare più facilmente al vomito ed in rari casi anche al rigurgito. I parassiti intestinali (amebiasi, trichomoniasi, coccidiosi, elmintiasi) possono portare in caso di infestazioni massicce ad un’irritazione delle mucose intestinali e di conseguenza ad un disturbo digestivo. Più facilmente si può osservare dissenteria, ma in certi casi si può avere anche il vomito. Il cryptosporidium è una delle maggiori cause parassitarie che possono portare il vomito.

Rigurgito e vomito per cause batteriche: le infezioni batteriche del tratto gastrointestinale in rari casi possono causare il vomito. Più facilmente si possono avere periodi di vomito dovuti ad una setticemia. Frequentemente le stomatiti negli ofidi, ma anche un’infezione dell’esofago possono dare il rigurgito.

Rigurgito e vomito per cause virali: la malattia virale più importante da tenere in considerazione soprattutto quando si tratta di boidi è inclusion body disease (IBD) causato da un retrovirus che spesso come sintomo tipico si presenta con il vomito. Un'altra malattia virale da tenere in considerazione in caso di vomito ripetuto è la paramyxovirosi degli ofidi.
Non sono da escludere altre malattie virali che possono colpire il tratto gastrointestinale causando gastriti o gastroenteriti.

Nota: Tratto da "La settimana veterinaria"
Autore: dott. Kiumars Khadivi- Dinboli
medico veterinario
kiumars@iol.it
www.rokiu.it

Tartarughe di terra: letargo si o no


Nel mese di ottobre o al massimo agli inizi di novembre le tartarughe di terra comuni si preparano ad andare in letargo e sta al veterinario decidere come e dove possono superare al meglio il periodo del letargo.
Le tartarughe di terra (Testudo Hermanni, Testudo Greca) comunemente tenute nella casa degli italiani fanno parte delle specie autoctone che possono andare in letargo seguendo pochi accorgimenti.

Il veterinario curante deve sensibilizzare i detentori di queste specie di tartarughe a fare una visita di controllo verso fine agosto o settembre e comunque prima che le tartarughe entrino nel letargo, lo stesso al risveglio. Questo per stabilire se lo stato di salute degli animali è ottimale per affrontare l’inverno ed inoltre per informare o ricordare ai padroni del paziente le modalità e le tecniche di un letargo corretto.
Il letargo è una funzione molto importane negli animali che vengono dalle zone fredde. Attenzione che non tutte le specie di tartarughe entrano in letargo, è molto importante imparare a conoscere le varie specie e sapere prima di mandarle in letargo se in natura iberna o meno. Per gli animali che naturalmente ibernano nel periodo invernale, il letargo serve per una regolazione corretta della funzionalità della tiroide e di conseguenza un durata di vita maggiore oltre che ad una regolazione e sincronizzazione del periodo riproduttivo.
Nei maschi il letargo stimola la riproduzione e nelle femmine porta ad un sincronizzazione dell’ovulazione per essere recettivi nel momento giusto.
Il periodo invernale per questi animali inizia di solito verso ottobre e finisce verso aprile. Naturalmente il periodo varia a seconda delle temperature ambientali e della zona geografica in cui vivono le tartarughe. Più si va verso il sud d’Italia più il letargo e tardivo e prima si svegliano gli animali perché le temperature sono sensibilmente più alte. Le tartarughe che vengono tenute in un luogo chiuso, con una termoregolazione artificiale, possono essere mandate in letargo verso novembre e si possono svegliare verso febbraio.

Quando il padrone dell’animale porta in ambulatorio la tartaruga per fare la visita di controllo il veterinario deve essere in grado di poter valutare lo stato di salute e lo stato nutrizionale. Le tartarughe non devono presentare nessun tipo di patologia quando entrano nel periodo invernale. Oltre ad una visita generale è molto importante effettuare un esame delle feci per accertare l’assenza di parassiti intestinali, in caso contrario l’animale deve essere sottoposto ad una cura antiparassitaria che eventualmente deve essere ripetuta dopo 15 giorni con un esame delle feci di controllo dopo l’ultimo trattamento per essere sicuri che gli endoparassiti siano stati debellati definitivamente. I parassiti intestinali non eliminati possono portare ad una perdita eccessiva del peso corporeo ed un deperimento durante il periodo invernale. Qualsiasi tipo di lesione sia di origine infettiva che traumatica, anche blanda può aggravarsi ed eventualmente portare al decesso dell’animale durante il periodo di ibernazione se non viene riconosciuta in tempo. I rettili durante il periodo letargico portano il metabolismo a livelli minimi per evitare un consumo energetico eccessiva, di conseguenze anche le difese immunitarie sono praticamente assenti e non possono contrastare le infezioni già in corso al momento del periodo attivo.
Le tartarughe oltre ad essere sane devono essere comunque in uno stato nutrizionale buono, o meglio ottimo. Ciò vuol dire che devono aver avuto durante il periodo di attività estiva la quantità e la qualità corretta di mangime ed un ambiente circostante adeguato per una digestione corretta. Tartarughe che hanno avuto un periodo di convalescenza soprattutto nella seconda metà dell’ estate o immediatamente prima del periodo invernale non sono adatte per affrontare il periodo invernale all’aperto, andrebbero tenute sveglie e riscaldate adeguatamente durante questo periodo. Lo stesso per tartarughe molto giovani, per esempio quelle nate verso fine agosto o in settembre, che possono avere delle difficoltà a superare il periodo freddo. Lo stesso vale per tartarughe acquistate in estate che per stress da cambiamento hanno avuto periodi di anoressia.

In veterinaria sono stati calcolati diversi tipi di equazioni che aiutano a valutare il peso dell’animale in rapporto con le misure del carapace; l’equazione più conosciuta è il “rapporto di Jackson’s” che è stato sviluppato dal Dr. Jackson Oliphant nel 1976 dopo aver misurato un grande numero di Testudo Hermanni e Testudo Greca.

Il rapporto di Jackson si calcola misurando il peso in grammi (W) dividendo per la lunghezza del carapace in centimetri (L) cubici: W/L3. Con il valore ottenuto si può valutare lo stato nutrizionale del soggetto.

0.16 Sottopeso
0.17 Troppo leggero per l’ibernazione
0.19 Buono per l’ibernazione
0.21 Ottimo per l’ibernazione
0.23 Tropo pesante, probabile ritenzione idrica 


Altri calcoli più recenti sono stati presentati dopo il Jackson, alcuni sono più specifici per le singole specie:

Testudo Hermanni: W = 0.00114 x L2.66 +/- 0.104

Testudo Greca: W = 0.00042 x L2.85 +/- 0.036

Esistono ancora altri calcoli per valutare lo stato nutritivo delle tartarughe.
Tutti i calcoli hanno la loro validità, dipende dall’esperienza con cui si fanno, comunque bisogna valutare tanti altri fattori, come ad esempio se l’animale ha urinato da poco, se ha una deformazione della carapace, se ha problemi di ritenzione idrica, ecc. Questi fattori possono variare il risultato o dare un risultato falso positivo o falso negativo. Perciò tutti i calcoli che si utilizzano per valutare il peso dell’animale vanno usati come indicazione e non come regola fissa.
Una volta valutato che la tartaruga è in condizione adatta per affrontare il letargo, bisogna valutare come e dove possono passare l’inverno.
Prima del definitivo letargo le tartarughe dovrebbero digiunare per 1-2 settimane, al fine di svuotare l’intestino dai residui di cibo che potrebbero creare dei problemi di fermentazione o di ristagno.
Le tartarughe che vengono tenute in casa o sul balcone in estate vanno poste poi in una scatola con fieno oppure foglie secche leggermente umide ma non bagnate. La scatola va posizionata in un posto fresco dove la temperatura non scende sotto 1°C e non supera i 16°C. La scatola potrebbe essere tenuta al fresco o nella cantina o nel solaio oppure in un box. Un fattore molto importante per determinare il posto migliore in cui porre il rifugio per il letargo della tartaruga è l’assenza oppure inacessibilità ai roditori (topi, ratti) che potrebbero rosicchiare e danneggiare gravemente la tartaruga che dorme e non può reagire. La temperature del locale di invernazione va tenuto regolarmente sotto controllo. I pareri sulla temperatura ideale sono molto contrastanti. C’è chi ritiene tra i 10°C-16°C un range ottimale, invece altri valutano tra i 5°C-10°C. Personalmente preferisco consigliare tra i 5°C-10°C perché ritengo che questa temperatura sia corretta per un minimo consumo energetico senza mettere in pericolo la vita dell’animale a causa del freddo.
Le tartarughe che vivono in giardino possono tranquillamente invernare nel giardino se vengono dalle zone non troppo freddo (dal centro Italia verso sud).Qualcuno le lascia invernare anche al nord Italia nel giardino coprendo la loro tana con del fieno o foglie secche. Un inverno molto rigido con temperature molto basse prolungate nel tempo può mettere in pericolo la vita dell’animale. Importante per chi tiene tartarughe in giardino è che abbia una zona al riparo dal freddo intenso con terra morbida dove gli animali possono interrarsi senza grande difficoltà e poi riuscire ad uscire senza sforzo quando si svegliano dal letargo.
Durante il periodo invernale potrebbe essere molto utile monitorizzare gli animali. Nel caso di animali il cui stato di salute fosse dubbio al momento del letargo si può adottare la seguente tecnica: per tartarughe adulte ogni 4 settimane e per tartarughe piccole ogni 2-3 settimane si possono effettuare bagni in acqua tiepida (24°C) per 2 ore, se entro due ore l’animale apre gli occhi vuol dire che lo stato di salute è ottimale; questa tecnica serve inoltre per reidratare le tartarughe durante il periodo di letargo. Chi non vuole svegliare le tartarughe per lasciare un decorso regolare al letargo basta che ogni 3-4 settimana pesi gli animali. Il peso dell’animale alla fine del letargo non deve diminuire di oltre il 6-7 % del peso prima del letargo. Se si vede che l’animale non si sveglia facilmente con l’acqua tiepida oppure se ha una perdita eccessiva di peso durante il periodo invernale è bene svegliarlo definitivamente e se necessario adottare delle cure particolari.
Per svegliare le tartarughe dopo il periodo invernale con un letargo fatto in maniera artificiale basta alzare le temperature oppure, come detto prima, fare un bagno in acqua tiepida che aiuta a reidratare l’animale. Una visita di controllo veterinaria dopo il risveglio può essere utile per controllare se ci sono stati dei problemi oppure che la tartaruga non abbia subito danni durante il periodo di letargo.


Nota: Kiumars Khadivi
pubblicato dalla “Settimana Veterinaria” ed.Le Point Vétérinaire Italie