martedì 4 agosto 2015

Pogona viticeps o drago barbuto del deserto


Il Pogona viticeps è un sauro tipico del deserto australiano. Gli esemplari adulti possono raggiungere una dimensione massima di circa 60 cm. I piccoli crescono molto rapidamente (circa 30 cm in 6 mesi). I maschi sono generalmente più grandi e presentano due rigonfiamenti alla base della coda, mentre le femmine di solito ne hanno solo uno.




Le pogone sono animali molto attivi e per vivere hanno bisogno di un terrario di almeno 180x60x100, con molti rami sui quali potrà salire per scaldarsi e prendersi gli U.V. B. Si possono usare rami di vario tipo: la cosa importante è che prima di essere introdotti nel terrario devono essere disinfettati per evitare l’introduzione di parassiti, e fare attenzione che non siano trattati con vernici od altri materiali tossici per il sauro. Per questo possiamo utilizzare vegetazione artificiale.
Per quanto riguarda il substrato, si discute molto sull’opportunità o meno di usare sabbia , in quanto viene sconsigliata sicuramente nei piccoli, perchè se ingerita può causare blocchi intestinali. L’unico vantaggio è che assorbe. I tappetini vanno bene, anche se devono essere lavati frequentemente, in quanto le pogone producono molte feci. Possono essere usati anche pellettati per conigli: sono economici, hanno un buon odore, però posseggono un unico inconveniente: che si spugnano subito se bagnati con acqua.

Non deve esserci una temperatura uniforme in tutto il terrario!! Per lil riscaldamento si possono usare lampade in ceramica....; l’importante è che siano collegate ad un termostato e che ci siano almeno due termometri (uno nel lato freddo ed uno in quello caldo) per controllare la temperatura. Sono sconsigliate le rocce riscaldanti perchè possono causare ustioni. Le temperature ideali sono 25 °C nel lato fresco (che deve essere 2-5 °C inferiore alla zona calda) e 30-35 °C nella zona calda (detta anche area di riposo che è il punto con la massima temperatura in cui l’animale passa la maggior parte del tempo e nel quale è necessario mettere uno spot come fonte di calore). Di notte la temperatira non deve scendere al di sotto dei 22 °C per i piccoli, mentre gli adulti sopportano bene temperature basse. Non bisogna mai mantenere la temperatura alta per tute le 24 ore, perchè il suo metabolismo sarebbe sempre troppo accelerato e l’animale si stresserebbe troppo!


Le pogone in natura vivono in territori desertici, quindi è consigliabile fornire una intensa luce con 100/150w di lampade che oltre al calore forniscono l’illuminazione necessaria. L’esposizione di raggi UVB è indispensabile per permettere l’attivazione della vitamina D3, necessaria al corpo per processare il calcio che ricavano dal cibo. Se il sauro non viene sottopsto a irradiazione solare diretta o con raggi U.V.B, in breve tempo potrà soffrire di gravi malattie. Quindi è consigliabile l’utilizzo di neon come Reptisun 5.0 della Zoomed. Le luci devono rimanere accese almeno 8/12 ore al giorno a seconda delle stagioni. Non lasciare assolutamente luci accese di notte!

Questi simpatici animaletti difficilmente bevono dalle bacinelle, quindi devono essere spruzzati un paio di volte al giorno (una delle quali al tramonto), soprattutto i piccoli. Questa pratica serve anche a favorire la muta. Comunque, i pogona traggono tutti i liquidi di cui hanno bisogno dall’alimentazione.
La dieta è costituita, nei giovani, da 3/5 pastial giorno, per arrivare ad un totale di circa 50 insetti/die. Crescendo si deve diminuire la quantità, passando a un pasto ogni 2/3 giorni.. La componente vegetale è importante e deve aumentare con l’età, riducendo il carico proteico. Gli insetti devono essere proporzionali alla grandezza: insetti troppo grandi possono causare paralisi e morte. Non offrire prede di dimensioni superiori, pari alla distanza fra gli occhi del sauro. Convincerli a mangiare verdureè difficile e lo si può fare tritando finemente camole della farina bianche (cioè quelle che hanno appena cambiato pelle, perchè quelle scure sono troppo chitinose) e vegetali, mettendoli insieme in un piattino.
Un esempio di preda che possiamo somministrare alla nostra mascotte è:

- Grilli: eccellente livello proteico. Hanno un elevato contenuto in fosforo e scarso di calcio (il rapporto calcio/fosforo nella dieta deve essere 2:1). Possono essere somministrati esemplari giovani e di piccole dimensioni. Per conservarli bisogna metterli dentro una scatola con coperchio bucherellato, con del cibo, altrimenti si mangerebbero tra loro.

- Cavallette

- Camole giganti della farina

- Camole della farina

Le camole hanno un miglior rapporto calcio/fosforo, anche se sono molto chitinose e poco proteiche. Non somministrarli in modo esagerato. Per prealimentarli basta metterli in farina di grano o di avena, frutta... Se l’animale non li consuma, si rimettono nel vasetto.

- Vermi del miele: sono molto appetibili ma contengono molti grassi, e per questo non si deve abusarne.

- Topolini di 2/3 giorni di vita senza pelo: molto proteici e buon contenuto in calcio. Anche con questi non si deve esagerare: ½ volte alla settimana sono più che sufficenti.

- Scarafaggi: esemplari giovani che ancora non hanno guscio troppo chitinoso.

- Lombrichi: hanno bassi livelli proteici, ma un buon rapporto calcio/fosforo. Prima di somministrarli è necessario purgarli, e per questo si devono mettere in un recipiente con della polenta per due giorni. Una volta che hanno eliminato le scorie, sonopronti per essere mangiati.


Ai giovani devono essere somministrati integratori di Ca+vit.D3 giornalmente e di vitamine 2 volte alla settimana, mentre agli adulti ogni 2/3 pasti e vitamine 1 volta a settimana. E’ importante che gli integratori non contengano VIT A, in quanto nociva alla salute del sauro se assunta in grandi quantità.

Mai mettere un dragone supino! Il suo apparatorespiratorio cessa di funzionare con il rischio di soffocamento!!!!


NOTE: i draghi barbuti del deserto sono probabilmente i rettili più amichevoli e simpatici, ed allevati con cura possono vivere fino a 10 anni.


Nota: Dottoressa Sara Platto.
DVM in Milan. Specializzata in animali esotici.

Cioccolata e Animali


La cioccolata, ottenuta dai semi della pianta del cacao, contiene teobromina e caffeina (quest'ultima presente in quantità notevolmente inferiore alla teobromine). La Teobromina è un alcaloide purinico, isomero della teofillina. La teobromina è l'ingrediente tossico della cioccolata, questa sostanza agisce a livello del sistema nervoso centrale (SNC) e del sistema cardiovascolare svolgendo un'azione cardiocinetica e dilatatoria sui vasi coronari.

Effetti della teobromina sull'organismo:

Sistema Nervoso Centrale (SNC) stimolante

Sistema cardiovascolare stimolante

Incremento della pressione sanguigna (mild)

Nausea e Vomito

Attività diuretica per azione diretta sui tubuli renali.

Il contenuto di Teobromina non è uguale per tutti i tipi di cioccolata, infatti la cioccolata fondente ha un contenuto del tossico di 7/10 volte superiore a quello della cioccolata al latte, mentre la cioccolata bianca ha un contenuto così basso da rendere improbabile l'avvelenamento.

I segni dell'intossicazione in genere si manifestano entro le 12 ore dall'ingestione.

Segni clinici:

Eccitamento / tremori

Vomito / diarrea

Polidipsia / poliuria (ai più alti livelli d'intossicazione)

Spasmo muscolare

Crisi convulsive

Coma (raro)

Morte (rara, probabilmente dovuta ad aritmie cardiache).

La tossicità da teobromina è dose dipendente, è quindi in funzione della dimensione dell'animale, del tipo di cioccolata e della quantità ingerita, tutto questo determina se e quanto può essere tossica.

Pertanto se si sospetta un'ingestione eccessiva di cioccolata da parte di un'animale è opportuno rivolgersi al veterinario.

La terapia medica è una terapia di sostegno, in quanto non ci sono antidoti per la tossicità da teobromina, e può includere:

Somministrazione di Fluidi: per prevenire la disidratazione dovuta a diarrea e vomito, favorendo l'eliminazione del tossico tramite l'emuntorio renale.

Emetici: medicinali che inducono vomito, da usarsi entro le 4 ore dall'ingestione. Possono essere efficaci sino a 6-8 ore dall'ingestione.

Carbone attivo: per la sua elevata area superficiale, dovuta alla presenza di microscopici pori, è dotato di spiccate capacità assorbenti. Somministrato per via orale riduce l'assorbimento sistemico di numerose sostanze dal tratto gastrointestinale, trova impiego nel trattamento dell'avvelenamento orale acuto. Utilizzato se l'ingestione del tossico è avvenuta da più di 4 ore o per pazienti che manifestano continui segni di intossicazione.

Farmaci anti-convulsivi: per pazienti che manifestano convulsioni o tremori muscolari.

Farmaci per il cuore: in caso di aritmie.

Il tempo di dimezzamento della teobromina nel cane è molto lungo circa 17 ore.



Nota: Scritto da Juri Ravasi

venerdì 31 luglio 2015

Lesioni o Fratture del becco negli PSITTACIDI *1


Il becco degli uccelli è una struttura complessa , in continua crescita ed evoluzione, costituita da tessuto osseo, vascolare, derma, tessuto generativo, cheratina. In particolare la formazione cornea che lo ricopre e protegge dagli insulti esterni denominata ranfoteca (in particolare rinoteca la parte superiore o mascellare e gnatoteca quella inferiore o mandibolare) conformata in modo differente nelle varie specie di uccelli in funzione della diversa alimentazione e modo di vivere è la parte sicuramente più esposta ai traumi e alle lesioni.
In questo breve articolo tratteremo solo le lesioni traumatiche e le conseguenti fratture o infrazioni del becco, vengono trascurate tutte le altre lesioni di origine infettiva (esempio circovirus), micotica, infestiva (esempio roga cnemidocoptica), neoplastica, degenerativa (eccessiva crescita della componente cornea), congenita (malformazioni).

Le fratture del becco sono eventi traumatici che si verificano con una certa frequenza. Solitamente avvengono per due ragioni principali:

1- traumatismi indotti da collisione o impatto (incapacità al volo con conseguenti cadute del soggetto al suolo, collisioni contro vetrate o muri nel tentativo di guadagnasi un via di fuga, fratture o lesioni da detenzione in gabbia non idonea)

2- lotte o aggressioni intra o interspecifiche (lesioni indotte dal compagno di gabbia-voliera, abbastanza tipico nei Cacatua oppure da predatori selvatici o domestici)

Nel primo caso in genere le parti coinvolte sono la punta del becco o porzioni ridotte della ranfoteca superiore e la prognosi in genere è abbastanza favorevole. In genere si genera una frattura parziale o una avulsione *2della parte finale (punta) del becco, lesioni non gravi che però causano un copioso sanguinamento se viene coinvolta la sottostante componente ossea e vascolare *3,difficoltà e dolore alla prensione dell’alimento. In tale caso è bene avvolgere il pappagallo in una salvietta, lasciandone fuoriuscire solo la testa e comprimere la zona fratturata e sanguinante con una matita emostatica per uso domestico o meglio ancora con una matita di argento nitrato (indossando i guanti e facendo attenzione a non toccare tessuti molli quali la lingua del soggetto!)
In seguito si dovrà provvedere a fornire cibo morbido e facile da ingerire per qualche giorno (o addirittura procedere con l’alimentazione forzata con pappe per pappagalli tipo imbecco dei nidiacei), e controllare le infezioni secondarie che possono ritardare la guarigione o addirittura causare lesioni secondarie quali gravi infezioni della matrice ossea (osteomieliti) o deformazioni permanenti del becco. Sarebbe dunque buona norma portare il soggetto per una visita veterinaria anche se la lesione all’apparenza sembra essere di minima entità (è sempre meglio farlo visitare!).
Nel secondo caso le lesioni sono in genere molto profonde ed invalidanti e quindi è indispensabile portare il pappagallo più rapidamente possibile da un veterinario competente.
Come primo soccorso è possibile detergere e tamponare la ferita-frattura con garze sterili bagnate con soluzione salina sterile ed evitare di utilizzare disinfettanti uso domestico su base alcolica che possono essere estremamente irritanti ed istolesivi, tenere tamponata la parte sanguinante in modo da bloccare l’emorragia, controllare che le vie respiratorie siamo pervie (grumi di sangue o sporcizia non devono occludere le narici o finire in trachea, ma non mettere mai un dito in bocca al pappagallo!) e tranquillizzare per quanto possibile il soggetto magari trasportandolo in una gabbia oscurata.
Il veterinario provvederà ad esaminare la gravità della ferita o della frattura e interverrà nel modo che riterrà più adeguato al singolo caso disinfettando con prodotti adeguati e con cura la ferita, somministrando farmaci per controllare lo stato di shock e antibiotici ed in seguito ove indicato ad intervenire chirurgicamente.

*1 Ogni specie ha le sue caratteristiche in base alla forma in funzione della modalità di alimentazione e soprattutto alla adattabilità di specie a lesioni menomanti: ho visto pappagalli con avulsione completa del rostro continuare a vivere diciamo decentemente, mentre lesioni anche più ridotte in un rapace o un acquatico-limicolo quale una spatola o un cavaliere d‘Italia morire in breve tempo!
*2 riportiamo prima la lesione minore.
*3 se si spacca solo la parte cornea non succede niente, anzi, a volte il proprietario non se ne accorge neanche! 



Nota: Scritto da Elena Ghelfi DVM in Milan

martedì 28 luglio 2015

Vomito e Rigurgito negli ofidi


Spesso chi cura animali esotici come rettili riceve telefonate di consulto da proprietari di ofidi che hanno vomitato o rigurgitato dopo aver mangiato. Non bisogna mai sottovalutare sintomi apparentemente banali ed approfondire la causa attraverso una visita di controllo.

Prima di approfondire l’argomento del vomito e/o rigurgito bisogna essere in grado di definire il vomito ed il rigurgito e saper diagnosticare esattamente il processo, anche se può accadere, in alcuni casi, che prima avvenga il rigurgito e poi il vomito.

Vomito: il vomito è l’espulsione del contenuto gastrico attraverso la bocca per contrazione della muscolatura. Solitamente il contenuto gastrico non viene evacuato subito dopo il pasto e come tale è gia parzialmente digerito.

Rigurgito: il rigurgito è l’emissione dalla bocca di cibi non digeriti, provenienti dalla faringe o dall’esofago. 
I serpenti, ha differenza della maggior parte degli animali, non masticano la preda, ma la ingoiano integralmente.
Questo processo è facilitato dalle ghiandole salivari che lubrificano la preda, dall’articolazione mandibolare che si espande notevolmente (non si stacca), dall’esofago molto dilatabile e da movimenti muscolari assiali che aiutano la preda a raggiungere lo stomaco che è altrettanto estensibile e muscolare.
Nello stomaco inizia il processo digestivo. Lo sfintere cardiaco dello stomaco non è ben sviluppato come nei mammiferi e negli altri animali e può facilitare il vomito.

Il rigurgito ed il vomito possono avere svariati motivi: da habitat non idonei che possono creare stress a un rallentamento del processo digestivo, a malattie infestive ed infettive.

Rigurgito e vomito per motivi non infettivi e infestivi: gli ofidi possono rigurgitare o vomitare molto facilmente e non sempre il sintomo indica una patologia ben precisa in corso.
Spesso il rigurgito ed il vomito sono causati dal padrone dell’animale stesso semplicemente per un errore di gestione.
Un serpente tenuto a temperature non idonee come per esempio troppo freddo, che causa un arresto o rallentamento dei processi metabolici come anche digestivi, o troppo caldo, che crea una situazione di stress, può espellere la preda appena mangiata.
Una somministrazione di un pasto inadeguato (ad esempio una preda troppo fredda o parzialmente congelata oppure una preda troppo calda scongelata nel forno a microonde, che esternamente sembra avere una temperatura idonea ma al centro la temperatura può essere molto elevata e causare grave ustioni al tratto alimentare), prede troppo grandi oppure una sovra alimentazione possono causare il vomito anche a distanza di diversi giorni.
Anche una preda avariata o infetto può essere causa di vomito e rigurgito. Se gli ofidi in cura sono catturati in natura e non riprodotti in cattività possono essere facilmente soggetti allo stress che porta, per un meccanismo di protezione, al vomito (la preda viene eliminata per poter fuggire più rapidamente e più facilmente).
Anche soggetti che sono stati nutriti da poco tempo e vengono maneggiati, per esempio per una visita di controllo, possono vomitare.
Anche questo fattore è probabilmente dovuto ad un situazione di stress.

Le cause precedentemente elencate non hanno bisogno di cure mediche, ma semplicemente di un consiglio al proprietario per diminuire le situazioni che causano il vomito o il rigurgito.
Altre cause non infestive ed infettive del vomito e rigurgito degli ofidi, che però hanno bisogno di un intervento, spesso anche tempestivo, da parte del medico curante, sono ostruzioni o sub-ostruzioni del tratto digestivo.
L’ostruzione può essere nel lume, dovuta a corpi estranei ingeriti accidentalmente durante il pasto come: corteccia, sassi e sabbia oppure corpi estranei sviluppatisi nel tratto digerente come pilobezoari o uroliti che però più facilmente causano anoressia.
Altre cause del blocco nel tubo gastro-intestinale possono essere granulomi e neoplasie del tratto digerente che possono portare a stenosi e causare il vomito. Lo stenosi può essere causata anche da compressione che occlude il lume gastro-intestinale dal esterno. Questo compressione può essere causata da uova, ascessi, granulomi e neoplasie dei tessuti adiacenti.
Il rigurgito può essere causato da traumi subiti da parte di corpi estranei all’esofago o allo stomaco, come sonde per l’alimentazione forzata o da parte di corpi estranei taglienti ingeriti accidentalmente.
Anche la dieta impropria può causare dei danni al primo tratto digerente soprattutto se l’animale viene imboccato bisogna fare attenzione ai denti, becco, unghie, ossa sporgenti ecc. Una cicatrice a livello dell’esofago può causare una stenosi e facilitare un rigurgito se l’animale viene nutrito con predi grandi.

Animali abbattuti o molto disidratati possono avere difficoltà nell’ingerire prede e svolgere un normale processo digestivo con conseguente rigurgito o vomito.
Intossicazione da farmaci, detersivi e addirittura certi tipi di rane e rospi (usati come pasto per alcuni serpenti) possono indurre ad un’intossicazione o irritazione delle mucose e successivamente a vomito o rigurgito.

Rigurgito e vomito per cause parassitarie: svariate infestazioni parassitarie possono portare più facilmente al vomito ed in rari casi anche al rigurgito. I parassiti intestinali (amebiasi, trichomoniasi, coccidiosi, elmintiasi) possono portare in caso di infestazioni massicce ad un’irritazione delle mucose intestinali e di conseguenza ad un disturbo digestivo. Più facilmente si può osservare dissenteria, ma in certi casi si può avere anche il vomito. Il cryptosporidium è una delle maggiori cause parassitarie che possono portare il vomito.

Rigurgito e vomito per cause batteriche: le infezioni batteriche del tratto gastrointestinale in rari casi possono causare il vomito. Più facilmente si possono avere periodi di vomito dovuti ad una setticemia. Frequentemente le stomatiti negli ofidi, ma anche un’infezione dell’esofago possono dare il rigurgito.

Rigurgito e vomito per cause virali: la malattia virale più importante da tenere in considerazione soprattutto quando si tratta di boidi è inclusion body disease (IBD) causato da un retrovirus che spesso come sintomo tipico si presenta con il vomito. Un'altra malattia virale da tenere in considerazione in caso di vomito ripetuto è la paramyxovirosi degli ofidi.
Non sono da escludere altre malattie virali che possono colpire il tratto gastrointestinale causando gastriti o gastroenteriti.

Nota: Tratto da "La settimana veterinaria"
Autore: dott. Kiumars Khadivi- Dinboli
medico veterinario
kiumars@iol.it
www.rokiu.it

Tartarughe di terra: letargo si o no


Nel mese di ottobre o al massimo agli inizi di novembre le tartarughe di terra comuni si preparano ad andare in letargo e sta al veterinario decidere come e dove possono superare al meglio il periodo del letargo.
Le tartarughe di terra (Testudo Hermanni, Testudo Greca) comunemente tenute nella casa degli italiani fanno parte delle specie autoctone che possono andare in letargo seguendo pochi accorgimenti.

Il veterinario curante deve sensibilizzare i detentori di queste specie di tartarughe a fare una visita di controllo verso fine agosto o settembre e comunque prima che le tartarughe entrino nel letargo, lo stesso al risveglio. Questo per stabilire se lo stato di salute degli animali è ottimale per affrontare l’inverno ed inoltre per informare o ricordare ai padroni del paziente le modalità e le tecniche di un letargo corretto.
Il letargo è una funzione molto importane negli animali che vengono dalle zone fredde. Attenzione che non tutte le specie di tartarughe entrano in letargo, è molto importante imparare a conoscere le varie specie e sapere prima di mandarle in letargo se in natura iberna o meno. Per gli animali che naturalmente ibernano nel periodo invernale, il letargo serve per una regolazione corretta della funzionalità della tiroide e di conseguenza un durata di vita maggiore oltre che ad una regolazione e sincronizzazione del periodo riproduttivo.
Nei maschi il letargo stimola la riproduzione e nelle femmine porta ad un sincronizzazione dell’ovulazione per essere recettivi nel momento giusto.
Il periodo invernale per questi animali inizia di solito verso ottobre e finisce verso aprile. Naturalmente il periodo varia a seconda delle temperature ambientali e della zona geografica in cui vivono le tartarughe. Più si va verso il sud d’Italia più il letargo e tardivo e prima si svegliano gli animali perché le temperature sono sensibilmente più alte. Le tartarughe che vengono tenute in un luogo chiuso, con una termoregolazione artificiale, possono essere mandate in letargo verso novembre e si possono svegliare verso febbraio.

Quando il padrone dell’animale porta in ambulatorio la tartaruga per fare la visita di controllo il veterinario deve essere in grado di poter valutare lo stato di salute e lo stato nutrizionale. Le tartarughe non devono presentare nessun tipo di patologia quando entrano nel periodo invernale. Oltre ad una visita generale è molto importante effettuare un esame delle feci per accertare l’assenza di parassiti intestinali, in caso contrario l’animale deve essere sottoposto ad una cura antiparassitaria che eventualmente deve essere ripetuta dopo 15 giorni con un esame delle feci di controllo dopo l’ultimo trattamento per essere sicuri che gli endoparassiti siano stati debellati definitivamente. I parassiti intestinali non eliminati possono portare ad una perdita eccessiva del peso corporeo ed un deperimento durante il periodo invernale. Qualsiasi tipo di lesione sia di origine infettiva che traumatica, anche blanda può aggravarsi ed eventualmente portare al decesso dell’animale durante il periodo di ibernazione se non viene riconosciuta in tempo. I rettili durante il periodo letargico portano il metabolismo a livelli minimi per evitare un consumo energetico eccessiva, di conseguenze anche le difese immunitarie sono praticamente assenti e non possono contrastare le infezioni già in corso al momento del periodo attivo.
Le tartarughe oltre ad essere sane devono essere comunque in uno stato nutrizionale buono, o meglio ottimo. Ciò vuol dire che devono aver avuto durante il periodo di attività estiva la quantità e la qualità corretta di mangime ed un ambiente circostante adeguato per una digestione corretta. Tartarughe che hanno avuto un periodo di convalescenza soprattutto nella seconda metà dell’ estate o immediatamente prima del periodo invernale non sono adatte per affrontare il periodo invernale all’aperto, andrebbero tenute sveglie e riscaldate adeguatamente durante questo periodo. Lo stesso per tartarughe molto giovani, per esempio quelle nate verso fine agosto o in settembre, che possono avere delle difficoltà a superare il periodo freddo. Lo stesso vale per tartarughe acquistate in estate che per stress da cambiamento hanno avuto periodi di anoressia.

In veterinaria sono stati calcolati diversi tipi di equazioni che aiutano a valutare il peso dell’animale in rapporto con le misure del carapace; l’equazione più conosciuta è il “rapporto di Jackson’s” che è stato sviluppato dal Dr. Jackson Oliphant nel 1976 dopo aver misurato un grande numero di Testudo Hermanni e Testudo Greca.

Il rapporto di Jackson si calcola misurando il peso in grammi (W) dividendo per la lunghezza del carapace in centimetri (L) cubici: W/L3. Con il valore ottenuto si può valutare lo stato nutrizionale del soggetto.

0.16 Sottopeso
0.17 Troppo leggero per l’ibernazione
0.19 Buono per l’ibernazione
0.21 Ottimo per l’ibernazione
0.23 Tropo pesante, probabile ritenzione idrica 


Altri calcoli più recenti sono stati presentati dopo il Jackson, alcuni sono più specifici per le singole specie:

Testudo Hermanni: W = 0.00114 x L2.66 +/- 0.104

Testudo Greca: W = 0.00042 x L2.85 +/- 0.036

Esistono ancora altri calcoli per valutare lo stato nutritivo delle tartarughe.
Tutti i calcoli hanno la loro validità, dipende dall’esperienza con cui si fanno, comunque bisogna valutare tanti altri fattori, come ad esempio se l’animale ha urinato da poco, se ha una deformazione della carapace, se ha problemi di ritenzione idrica, ecc. Questi fattori possono variare il risultato o dare un risultato falso positivo o falso negativo. Perciò tutti i calcoli che si utilizzano per valutare il peso dell’animale vanno usati come indicazione e non come regola fissa.
Una volta valutato che la tartaruga è in condizione adatta per affrontare il letargo, bisogna valutare come e dove possono passare l’inverno.
Prima del definitivo letargo le tartarughe dovrebbero digiunare per 1-2 settimane, al fine di svuotare l’intestino dai residui di cibo che potrebbero creare dei problemi di fermentazione o di ristagno.
Le tartarughe che vengono tenute in casa o sul balcone in estate vanno poste poi in una scatola con fieno oppure foglie secche leggermente umide ma non bagnate. La scatola va posizionata in un posto fresco dove la temperatura non scende sotto 1°C e non supera i 16°C. La scatola potrebbe essere tenuta al fresco o nella cantina o nel solaio oppure in un box. Un fattore molto importante per determinare il posto migliore in cui porre il rifugio per il letargo della tartaruga è l’assenza oppure inacessibilità ai roditori (topi, ratti) che potrebbero rosicchiare e danneggiare gravemente la tartaruga che dorme e non può reagire. La temperature del locale di invernazione va tenuto regolarmente sotto controllo. I pareri sulla temperatura ideale sono molto contrastanti. C’è chi ritiene tra i 10°C-16°C un range ottimale, invece altri valutano tra i 5°C-10°C. Personalmente preferisco consigliare tra i 5°C-10°C perché ritengo che questa temperatura sia corretta per un minimo consumo energetico senza mettere in pericolo la vita dell’animale a causa del freddo.
Le tartarughe che vivono in giardino possono tranquillamente invernare nel giardino se vengono dalle zone non troppo freddo (dal centro Italia verso sud).Qualcuno le lascia invernare anche al nord Italia nel giardino coprendo la loro tana con del fieno o foglie secche. Un inverno molto rigido con temperature molto basse prolungate nel tempo può mettere in pericolo la vita dell’animale. Importante per chi tiene tartarughe in giardino è che abbia una zona al riparo dal freddo intenso con terra morbida dove gli animali possono interrarsi senza grande difficoltà e poi riuscire ad uscire senza sforzo quando si svegliano dal letargo.
Durante il periodo invernale potrebbe essere molto utile monitorizzare gli animali. Nel caso di animali il cui stato di salute fosse dubbio al momento del letargo si può adottare la seguente tecnica: per tartarughe adulte ogni 4 settimane e per tartarughe piccole ogni 2-3 settimane si possono effettuare bagni in acqua tiepida (24°C) per 2 ore, se entro due ore l’animale apre gli occhi vuol dire che lo stato di salute è ottimale; questa tecnica serve inoltre per reidratare le tartarughe durante il periodo di letargo. Chi non vuole svegliare le tartarughe per lasciare un decorso regolare al letargo basta che ogni 3-4 settimana pesi gli animali. Il peso dell’animale alla fine del letargo non deve diminuire di oltre il 6-7 % del peso prima del letargo. Se si vede che l’animale non si sveglia facilmente con l’acqua tiepida oppure se ha una perdita eccessiva di peso durante il periodo invernale è bene svegliarlo definitivamente e se necessario adottare delle cure particolari.
Per svegliare le tartarughe dopo il periodo invernale con un letargo fatto in maniera artificiale basta alzare le temperature oppure, come detto prima, fare un bagno in acqua tiepida che aiuta a reidratare l’animale. Una visita di controllo veterinaria dopo il risveglio può essere utile per controllare se ci sono stati dei problemi oppure che la tartaruga non abbia subito danni durante il periodo di letargo.


Nota: Kiumars Khadivi
pubblicato dalla “Settimana Veterinaria” ed.Le Point Vétérinaire Italie


sabato 22 agosto 2009

Giuramento professionale all’ Università di Messina

In occasione del Consiglio Nazionale FNOVI, tenutosi a Napoli nelle giornate dal 18 al 20 Aprile 2008 intitolato “The Diversity of the Veterinary Profession”, il Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini Veterinari Italiani (FNOVI), Dott. Gaetano Penocchio ha invitato due studentessa iscritte al 4 anno della Facoltà di Medicina Veterinaria di Messina, conservandole uno spazio per permetterle di esporre il percorso che le ha condotte all’idea di introduzione di un giuramento in questa professione.
Accolte da un grande applauso ed accompagnate dalla Prof.ssa Annamaria Passantino, Professore Associato di Medicina Legale Veterinaria, Legislazione Veterinaria, Protezione Animale e Deontologia dell’Università degli Studi di Messina, nonché tesoriere dell’Ordine di Messina, che le ha sostenute durante tutto l’iter di questa cammino, le studentesse hanno illustrato le varie tappe che le hanno fatte giungere fino a tale giorno, davanti ai Presidenti degli ordini di tutte le province italiane nonché il Presidente della Federation of Veterinarians of Europe (FVE), Walter Winding e diverse autorità come l’Assessore alla Sanità della Regione Campania, Angelo Montemarano e il Preside della Facoltà di Napoli, Prof. Luigi Zicarelli.
Oltre a ripercorrere le diverse fasi, tra cui le assemblee studentesche, le ricerche storiche, il corso di aggiornamento tenutosi presso l’Aula Magna di Messina nell’Ottobre 2007 dove per la prima volta hanno espresso il loro entusiasmo davanti al Dott. Penocchio, la possibilità concessagli di pubblicare un articolo in merito sulla rivista “30 giorni” del gennaio 2008 e infine l’invito a partecipare attivamente in questo Consiglio Nazionale Campano, sono state nuovamente espresse le motivazioni che hanno provocato questo forte desiderio di elevare la figura del Medico Veterinario rapportato al suo ruolo chiave nella società. Di fatto, l’opera attiva del Medico Veterinario, non è concentrata soltanto sulla salvaguardia degli animali e dell’ambiente in cui vivono, ma esplica un ruolo fondamentale nell’ambito della Sanità Pubblica, proponendosi come mediatore tra società, proprietario ed animale. Argomento abbondantemente discusso anche dal Presidente della FVE, che come gli altri partecipanti al convegno, è rimasto particolarmente colpito ed entusiasta dal fatto che questo aspetto venisse trattato dalla classe studentesca.
Tuttavia, con il precedente modello proposto dalla FNOVI e l’iniziativa portata avanti dagli studenti di Messina, a seguito della proiezione di un video dal titolo “Vita da veterinari” che rispecchia sinceramente stralci della vita di tutti i giorni in questa professione, l’inedita formula di giuramento professionale proposta dalla Federazione è stata letta dalla più giovane veterinaria d’Italia, trasmettendo quel senso di appartenenza che ci fa sentite tutti facenti parti della stessa grande famiglia.

GIURAMENTO PROFESSIONALE
Entrando a far parte della Professione e consapevole dell’importanza dell’atto che compio
prometto solennemente
di dedicare le mie competenze e le mie capacità alla protezione della salute dell’uomo, alla cura e al benessere degli animali promuovendone il rispetto in quanto esseri senzienti;
di impegnarmi nel mio continuo miglioramento, aggiornando le mie conoscenze all’evolvere della scienza;
di svolgere la mia attività in piena libertà e indipendenza di giudizio, secondo scienza e coscienza, con dignità e decoro, conformemente ai principi etici e deontologici propri della Medicina Veterinaria.
written by Mary Fly

[Messina] Terza Conferenza D’Ateneo: “Il Sapore della Ricerca. Quando la Scienza è sapere… vivere con gusto”

Terza Conferenza D’Ateneo:
“Il Sapore della Ricerca. Quando la Scienza è sapere… vivere con gusto”
L’Aula Magna della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Messina gremita per la terza conferenza d’ateneo. I ricercatori messinesi hanno svelato, durante il pomeriggio del 18 Giugno 2008, i segreti del mangiar bene e del vivere sano. Questa volta (è il caso di dirlo) all’insegna del gusto. La Facoltà ha scelto di coniugare il sapere e il sapore in un incontro dal titolo “Il Sapore della Ricerca. Quando la Scienza è sapere… vivere con gusto”. Nella frenetica realtà dei nostri giorni che ci vede sempre più abituati a una vita alimentare distratta e frettolosa, targata spuntini e fast food, la ricerca è scesa in campo per mostrare che cosa può determinare la qualità e la sicurezza di un prodotto alimentare. La conferenza, coordinata dalla prof. Annamaria Passantino, è stata frutto delle ricerche di alcuni dottori che hanno illustrato i risultati di tale impegno, trasmettendo alla affollata Aula Magna, letteralmente “il sapore della ricerca”.

Ha aperto i lavori il Dott. Luigi Liotta, ricercatore in Zootecnica Speciale presso la Facoltà di Medicina Veterinaria, che ripercorrendo le abbondanti risorse della Regione Siciliana, ci ha ricordato il valore di un’ alimentazione sana legata alla sicurezza, salvaguardando i fabbisogni degli animali per tutelare la sicurezza dell’essere umano, ribadendo peraltro il “km 0” dei prodotti autoctoni che non hanno nulla da invidiare alle realtà francesi. La Dott.ssa Paola Donato, ricercatore a contratto della Facoltà di Farmacia, con un attendo lavoro sulla composizione molecolare degli alimenti ha permesso anche a chi non è uno specialista in tale campo di conoscere, in parte, cosa avviene durante la conservazione alimentare per un consumo corretto e sicuro. Continuando sulla sicurezza alimentare, la Dott.ssa Cettina Condurso, assegnista di Ricerca presso la Facoltà di Scienze MM. FF. NN., ha argomentato il “Packaging” ovvero tutto ciò che attiene alla conservazione ed al mantenimento dei cibi, orientando la sua ricerca sul polistirene, soffermandosi in particolar modo sui contenitori di yogurt per bambini e l’elevata incidenza che siffatto composto migra nell’alimento. La Prof.ssa Grazia Calabrò, professore associato nel settore scienze merceologiche della Facoltà di Economia, ha rivelato quali sono i punti forti delle industrie alimentari per trasmettere al consumatore il messaggio della qualità e della sicurezza dell’alimento in commercio, mettendo al primo posto tra gli strumenti chiave di valutazione l’etichetta.
Al termine di tale florido evento, è intervenuto lo chef Peppe Giuffrè, in quanto maestro ristoratore che ha trasmesso la cultura e la cucina siciliana al di là delle nostre frontiere, richiamando l’attenzione sulle fave al coniglio ed il macco, pietanze ormai sconosciute tra gli adolescenti di oggi. Inoltre ha espresso il forte desiderio di non far spegnere lentamente l’arte della cucina siciliana con la globalizzazione, ribadendo l’importanza del km 0, con un risparmio non solo dal punto di vista economico ma anche di qualità del prodotto stesso e di conseguenza di sicurezza alimentare. In conclusione dei lavori, la Prof.ssa Baldi, ordinario di nutrizione e alimentazione animale all’Università di Milano, nonché delegato italiano presso l’Unione Europea nell’ambito del programma COST DC “food and agricolture”, entusiasta delle relazioni precedenti ha concluso la conferenza ribadendo quanto segue “Se fino a 20 anni fa, di un alimento era sufficiente sapere che era buono e in grado di soddisfare il fabbisogno, adesso ci sono altri aspetti che non possiamo e non dobbiamo sottovalutare”. Ricordando inoltre che mentre una grande maggioranza della popolazione muore di fame, dall’altra parte del mondo, dove viviamo noi, è l’obesità a provocare molte vittime. La ricerca deve rendere il cittadino un consumatore consapevole, incrementando la conoscenza del sapere, di conseguenza la cultura alimentare.
Lo scopo di tale evento è stato quello di mettere in evidenza l’importanza della professione del Medico Veterinario nella società, figura avvolte trascurata nell’ambito della sicurezza alimentare.
Al seguito dell’eccellente risultato di questa terza conferenza d’Ateneo, il Preside della Facoltà di Medicina Veterinaria, Prof. Vincenzo Chiofalo ha dato inizio al prosperoso buffet invitando tutti i partecipanti al convegno a degustare la variegate pietanze provenienti dai posti più caratteristici della Sicilia, chiudendo la serata con la preparazione in diretta della vera cassata siciliana completa di commenti e spiegazioni non solo sulla preparazione ma anche sulla storia e le origini del dolce direttamente dallo chef Peppe Giuffrè.
written by Mary Fly